Incredibile... questo sito è ancora vivo!!!
Ebbene si, cari miei malfidati amici... Avevo promesso
più e più volte che avrei aggiornato il sito e quale occasione migliore della pubblicazione de "LA TANA DEL NICH 2010 TOP 5"?
Ormai diventato un appuntamento fisso annuale, la mia personale Top 5 (un omaggio nemmeno tanto celato ad un film ed un libro meraviglioso come "Alta Fedeltà") nasce dalla voglia di sottolineare le cose che ho apprezzato di più durante l'anno appena trascorso e per rendervi partecipi di ciò che mi ha emozionato di più a livello musicale.
Un 2010 che è stato in generale un anno un pò fiacco. Nonostante diversi graditissimi ritorni, da Bruce Springsteen a Neil Young, passando per Peter Gabriel, la produzione internazionale ha riservato ben poche perle. I grandi artisti lamentano la mancanza d'ispirazione e le frequenze radiofoniche si sono appiattite troppo sulle richieste delle majors. Radiogas, fortunatamente, fa eccezione e nel 2010 ha fatto conoscere ad una popolazione sempre crescente nuovi generi e nuovi fenomeni che meritano l'attenzione collettiva.
C'è anche da dire che, a mio avviso, è molto facile sedersi sulla mancanza di personalità della discografia mondiale. Le buone idee ci sono, sono in giro e vanno scoperte piano piano, proprio come piccoli gioielli nascosti in bauli polverosi negli angoli bui della stanza.
LA TANA DEL NICH, quindi, cerca di svolgere una funzione sociale: scuotervi dal vostro torpore musicale e darvi qualche buono spunto. Non sarete ascoltatori pigri, giammai.
Quest'anno, anche a causa delle premesse testè esplicate, è stata duretta scegliere il mio numero 1... e devo dire che tra il primo ed il secondo classificato è stato un arrivo al fotofinish. Ma spero di aver fatto la scelta giusta...
Come sempre, sono pronto anche alle vostre infamate!
Senza ulteriori tentennamenti, ecco voi... "LA TANA DEL NICH 2010 TOP 5".
1° POSTO
THE NATIONAL - "High Violet"
Tre anni dopo l'acclamato "Boxer", i National di Matt Berninger e delle famiglie riunite Dessner e Devendorf, confezionano un album che spicca su tutti gli altri lavori per coesione e coerenza. Ispirati dai poeti crepuscolari, da un certo amore mal celato per le atmosfere dei Joy Division e per il cantautorato alla Leonard Cohen, il gruppo di Cincinnati riesce alla loro quinta fatica ad entrare nel cuore dell'indie rock mondiale. Forse oscurati negli anni precendenti dal fenomeno Interpol (fenomeno che si sta rapidamente disintegrando) riescono ad elevarsi sopra la massa inconsistente grazie ad atmosfere colme di solennità, chitarre piene ma mai invasive, arrangiamenti d'archi e di piano che si sposano perfettamente con le sonorità nebbiose e rarefatte tipiche della band. Il tutto supportato egregiamente dalla voce dello stesso Berninger: algida, narcotizzante, melliflua.
Un gran disco insomma. Poco da dire. Per i nostalgici e per gli avanguardisti. Per chi pensa che la musica triste sia sempre la migliore e per chi rimane dell'idea che il rock è emotività con una buona dose di mestiere.
Brani consigliati: Vanderlyle Crybaby Geeks; Bloodbuzz, Ohio; Runaway
2° POSTO
JONSI - "Go"
Ebbene si. Il nostro Jonsi non c'è l'ha fatta per pochissimo. Sono rimasto indeciso fino all'ultimissimo secondo sulla sorte del primo lavoro solista del cantante degli Sigur Ros ma alla fine ho voluto premiare la prossimità stilistica dei National ai voli di fantasia dell'elfo islandese. Ciò che rimane è un disco meraviglioso, che forse poco si discosta dai precedenti con i compagni d'avventura nordici ma che conserva intatta la magia di una voce splendida che catapulta l'ascoltatore in un mondo ovattato e leggero, dove la sospensione della razionalità e della mente è il leit motiv delle 9 tracce dell'album. Jonsi, che ha fatto della sua infinita fragilità un punto di forza difficile da scalfire, abbandona le lunghe suite tipiche degli Sigur Ros, si avvicina al pop classico e disegna scale vocali impressionanti, compatte e che non tradiscono. Rimane l'extraterrestre che è, e dal vivo mi dicono che sia un'esperienza colossale.
Voliamo nei cieli d'Islanda. Senza nessuna paura di cadere.
Brani consigliati: Go Do; Animal Arithmetic; Grow Till Tall
3° POSTO
CARIBOU - "Swim"
Può un matematico mettersi a fare musica e riuscire a farla anche bene? E' il caso di Daniel Victor Snaith, canadese di London (Ontario) ma residente a Londra, capitale dell'impero britannico. Si laurea all'Imperial College della capitale inglese per poi buttarsi a capofitto nell'elettronica e nel pop psichedelico. Fonda il progetto "Manitoba" e successivamente si lancia con l'operazione "Caribou". Al terzo lavoro in tal senso porta a compimento una sorta di parabola iniziata con "The Milk of Human Kindness" (2005) e "Andorra" (2008), ispirando le sue composizioni a logiche più razionali e scientifiche piuttosto che di genuina ispirazione. Ne esce fuori un album che fa un gran uso di synth, ritmi sanguigni basso-batteria, qualche schitarrata d'atmosfera, voci che ricordano la black music alternati a ululati funkeggianti. Un disco buono sia per la sala da ballo alternative sia per il lounge tetro con le tende sulle lampade per ricreare un certo clima funesto.
C'è chi ha paragonato i lavori di Snaith all'ultimo periodo dei Kraftwerk. Senza dire eresie simili, diciamo che il ragazzo ha un' ottima stoffa, che trasmette senza essere prolisso, che riesce a farti muovere e al tempo stesso a lasciarti inquieto.
Per un matematico, non è cosa da poco.
Brani consigliati: Odessa; Kaili; Hannibal
4° POSTO
THE SOFT MOON - "The Soft Moon"
Un debutto fulminante. Un uomo solo al comando di un progetto che rischia seriamente di infiammare i cuori di coloro a cui piace mettere la parola "post" a qualsiasi altro genere musicale. Luis Vasquez, da San Francisco, apparecchia una introspettiva tavola dai toni cupi ed articolati. Come se i Jesus and Mary Chain si fossero persi con i loro strumenti nel deserto del Mojave. Una voce lontana chilometri, che si distingue a fatica nel mare sonoro di echi naturali (ed adagiata su un letto che più anni 80 non si può), racchiusa in una teca di vetro battuta dal sole cocente e guardata a vista dalla luna (appunto) di notte. Caldo e freddo si alternano in un susseguirsi estatico di allucinazioni rimpolpate da un basso che è il signore incontrastato del disco e che abbraccia idealmente sintetizzatori capaci di scavare un solco emozionale tra ciò che la mente dice e ciò che il corpo fa.
Difficile inquadrare un genere per questo album: post punk? new wave? old wave? Diciamo che è qualcosa di assolutamente diverso, che è la novità più bella dell'anno e che potrei anche cominciare ad amarli alla follia.
Perchè allora solo 4°? Aspetto il secondo disco. Quello della conferma.
Brani consigliati: Tiny Spiders; When It's Over; Parallels
5° POSTO
THE ARCADE FIRE - "The Suburbs"
D'accordo... ripetere il miracolo di "Funeral" era praticamente impossibile. D'accordo... confermarsi come con "Neon Bible" era difficile. Ma "The Suburbs" resta comunque un album più che al di sopra della media. Nonostante adesso la gente pretenda sempre la luna dal collettivo di Montreal, in questo terzo lavoro si nota come le istanze artistiche della band vengano molto più incontro ai desideri del pubblico. Dà un pò la sensazione di essere stato preparato a tavolino da Win Butler e soci (che rimangono, forse, uno dei pochi gruppi che sa davvero come si scrive e come si suona un pezzo), infatti, non fa rivivere i momenti di estasi pura di "Funeral" ma si ha la netta sensazione che tutto scorra come deve scorrere. Soliti cori ariosi ed armoniosi che si legano con una grande impalcatura sonora che alterna il barocco, lo shoegaze, il glam, il punk. Non sbagliano quando il pezzo accelera e nell'armonizzare la sua voce Butler resta sempre un mostro di espressività.
Che sia l'inizio di una nuova era per gli Arcade Fire? Se devono fare la fine dei Coldplay speriamo proprio di no...
Brani consigliati: Ready To Start; Empty Room; We Used To Wait
ALBO D'ORO
2007 - BATTLES, "Mirrored"
2008 - HAVE A NICE LIFE, "Deathconciousness"
2009 - ANTONY AND THE JONHSONS, "The Crying Light"